A spasso per l’Europa con Mattia pellegrino 2.0 da Venezia a Madrid
In cerca di se stesso, serenità in spalla e un sogno in tasca
Si può viaggiare per tremila chilometri e vivere con pochi euro al giorno? A spasso per l’Europa con Mattia Vescovo è possibile, percorrendo a ritroso la via Francigena. Non è una scommessa e forse, inizialmente, nemmeno la voglia di un viaggio dal sapore medievale. Il suo bagaglio è leggero, come il suo budget. L’essenziale per cambiarsi, ripararsi dal freddo, mangiare e dormire con in tasca dieci euro al giorno.
L’avventura di questo insolito camminatore veneto che abbiamo incontrato a Torino, è documentata grazie ad uno smartphone con il quale Mattia aggiorna la sua pagina Facebook “A spasso per l’Europa”. C’è anche un sogno ma lo scoprirete al fondo di questa storia partita il 15 ottobre 2015 alle 15 e 15 da Mirano, in provincia di Venezia, dove questo giovane di 23 anni – 24 fra pochi giorni – si è messo in cammino con lo zaino in spalla per ritrovare se stesso.
“Non ho mai portato a termine nulla nella mia vita e questa volta ci riuscirò – rivela il giovane pellegrino 2.0 -. Camminare non mi spaventa, chi vive a Venezia ad esempio lo sa, è abituato”. Alto, magro e sportivo, Mattia ha la passione dell’arrampicata ma non avrebbe mai pensato di innamorarsi della camminata lenta. Se n’è reso conto proprio in mezzo ai turisti della Repubblica Marinara, tra piazza San Marco e i canali della Serenissima di cui porta l’emblema sullo zaino.
Dopo gli studi e l’ultima esperienza lavorativa in un fast food caratterizzata da ritmi frenetici, Mattia ha provato a pensare al suo futuro: burocrazia e scarsa meritocrazia all’italiana lo hanno spaventato ma non certo ostacolato. “Non è vero che non c’è lavoro in Italia – precisa Vescovo – se hai voglia di fare, lo trovi ma facilmente non sarà quello fatto per te, per il quale hai studiato o sognato”. Così in poche settimana ha programmato il suo viaggio low cost. Dopo tre settimane di cammino e qualche disavventura nel vercellese. “Dopo aver spiegato la mia situazione alla chiesa di Lamporo – scrive su Facebook – il don mi ha ben ben lasciato in una situazione angusta dicendomi di fare altri 20 chilometri, al che una signora ha detto ‘non ti preoccupare puoi stare nel mio garage’ bene penso io… se non che che mi ci ha chiuso dentro dicendomi che fuori c’è un uomo cattivo e che devo stare con la porta chiusa. Rimpiango la bellissima ospitalità ricevuta fino ad adesso, forse ero abituato troppo bene ma qui mi hanno scambiato per un cane”.
Giovedì scorso è ripartito con rinnovata motivazione e si è fermato a Gassino per la notte. Venerdì con il sole e il sorriso tornati a illuminargli il viso ha costeggiando il tratto del canale idroelettrico Cimena che porta a San Mauro Torinese passando in un’area ricca di storia millenaria tra il castello di Sambuy e l’abbazia di Santa Maria di Pulcherada. L’ingresso a Torino è avvenuto idealmente lungo l’antica strada romana dalla quale ha raggiunto la Porta Pretoria di Torino. Qui ha trascorso la notte grazie all’ospitalità di alcuni studenti torinesi con il “couchsurfing“: mettere a disposizione un divano o un letto a casa propria e magari farsi ricambiare il favore alla prima occasione.
Mattia Vescovo non sa ancora se e quanto si fermerà in Spagna. Come punto di arrivo sul navigatore è impostato Madrid ma “non escludo di proseguire lungo il cammino di Santiago di Compostela” dice. Il suo sogno? Aprire un agriturismo in Italia dove poter far gustare i sapori della sua terra e un buon boccale di birra come quelli che i mastri birrai torinesi gli hanno offerto. E chissà che per promuovere la sua attività futura non ricambierà l’ospitalità che numerose famiglie, parrocchie e giovani come lui gli hanno dato gratuitamente lungo il cammino. Una bella foto della Mole Antonelliana è la cartolina di Torino che Mattia Vescovo ha postato sui social network prima di ripartire verso la Francia alla ricerca di se stesso perché – come scrisse l’indimenticato Ryszard Kapuściński “Un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. È il virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile”.
Buon viaggio Mattia.
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