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New City Life

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Settimanali momenti di fatica: di ritorno dalla spesa

L’impressione che ho è quella di essere partita da una vita. I minuti si gonfiano come popcorn in padella e birra nello stomaco, quando tutto quel che hai intorno è nuovo e stimolante. Sì, finalmente e ufficialmente, rientro nella dicitura “Studente Erasmus Outgoing”.

Ho ancora il ricordo amaro di tutte le pratiche amministrative e accademiche, che ho infine portato a termine con determinazione e sudore, non lo nego, anzi (però è confortante sapere che tutti concordino che ne sia valsa la pena, dopotutto). A proposito, in questo periodo dovrebbe uscire il bando Erasmus per il prossimo anno accademico: date un’occhiata sul sito di Unito, chissà quali destinazioni sono in lista per voi!

Riguardo a me, invece, eccomi da più di una settimana nella capitale dell’Europa unita, per trascorrervi il secondo semestre universitario.
Durante i primi giorni qui a Bruxelles, sono stata ospite di D., studente alla scuola per interpreti e couchsurfer che mi ha offerto il suo divano e mi ha aiutata inizialmente ad orientarmi.

Dopo poco tempo ho trovato una casa, in condivisione con altri quattro ragazzi della mia età (tutti stagisti per la Commissione o il Parlamento europeo) provenienti da Germania, Repubblica Ceca, Ucraina e Georgia. Qui comunque è un via vai di coinquilini, che arrivano e che partono: altra prospettiva entusiasmante di questa coabitazione.

Ritrovarsi lontano da casa con la necessità di doversi arrangiare da sola è stato per certi versi disorientante: dalla spesa alla pulizia alla sanità al piano tariffario locale ai giorni della raccolta differenziata, ecc. E tra queste, annovero una serie di esperienze ridicole quanto imbarazzanti, ma anche una particolarmente formativa sul piano sociale, che personalmente potrei definire una parentesi dittatoriale casalinga. La sera in cui poggiai le valigie in questa nuova casa, mi resi conto che l’anarchia domestica era regnante sopra a tutto. Il giorno successivo, dopo accurata pulizia, disseminai la cucina di espliciti messaggi, secondo il manuale “Chi sporca lava. Capitolo I – Misure contenitive e preventive”.

L’epilogo di questo accanimento contro i microrganismi è stato imprevisto: l’indomani, trovai una busta contenente cioccolato e succo di frutta, da parte di L. (un coinquilino che ancora non avevo conosciuto, ma che era rimasto commosso dall’intraprendenza di quell’ignoto pulitore).

Ciò nonostante, la mia inettitudine e ritrosia per le faccende domestiche è proverbiale. La più recente si è verificata in lavanderia, dove mi sono trovata in difficoltà a distinguere una lavatrice da un’asciugatrice, il detersivo dall’ammorbidente e, per finire, nell’attesa dei 40′ di lavaggio, seduta davanti alla mia lavatrice, ero attenta a monitorare costantemente la quantità di bolle di sapone nel mio oblò e in quello degli altri.

Fortunatamente, non ho problemi a farmi capire, anche se il calderone linguistico da cui attingere quotidianamente comprende oltre al francese – ahimé – anche l’inglese. Alla peggio, il linguaggio dei gesti è universale, su questo l’italiano docet e non ci nevica, considerati tempo e temperature attuali!

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