Ammalati di sport
Ginnastica Ritmica, uno degli sport considerati "estetici" dove il lavoro di anni si gioca in una manciata di secondi Foto di TorinoBikeFriend www.flickr.com/photos/angelobellotti/3102375972
Nel linguaggio tecnico sono chiamati “sport estetici” perché hanno una giuria che valuta il grado di sentimento che un esercizio suscita alla vista. Sono sport scenografici, anche se non sono molto seguiti dall’appassionato di sport in televisione. Sono discipline in cui ti giochi tutto il lavoro di mesi ed anni in un paio di minuti. Sono quelle attività che compaiono nel libro nero sotto la voce “attività distruttive” perché causano più scompensi fisici che soddisfazioni. Eppure quando inizi a praticarne uno non riesci più a smettere e non ti preoccupi di avere artrosi ovunque a vent’anni, o di non goderti le uscite con gli amici al sabato pomeriggio perché tu sei in palestra. È lì che vuoi stare, con i tuoi compagni di squadra a creare un piccolo mondo condiviso solo da pochi, in cui però stai bene. Talvolta si arriva ad odiare quella pedana in palestra, quella vasca di una piscina, quelle parallele che ti rovinano le mani, eppure quando non tocchi con i piedi la moquette, oppure non annusi l’acqua che sa di cloro, stai male, non ti senti nel tuo ambiente naturale.
Arriva un punto però in cui capisci che è ora di smettere, che ormai il tuo fisico non ti segue più nei movimenti elastici, ma senti ancora il bisogno di rimanere lì, in quella che per tanti anni è stata la tua seconda casa e la tua seconda famiglia. Sì, perché anche se spesso si è rivali di alcune persone, è poi con loro che ti vedi tutte le domeniche in gara, fin da bambini, cresci insieme e si crea un tacito legame di amicizia e complicità fondato sulla stessa passione e gli stessi sogni per quello sport.
Inizi ad insegnare. Passi dall’altra parte e diventi il punto di riferimento per quegli atleti che ripongono in te la fiducia di poter diventare qualcuno, di poter arrivare lassù, tra i grandi campioni.
Credo che nella carriera di ogni allenatore, o tecnico che dir si voglia, arriva un giorno in cui la tua coscienza ti chiede il conto, in cui gli scrupoli per il bene del tuo atleta arrivano a dubitare sul benessere dell’agonismo, specialmente se il ragazzo che hai di fronte si trova nell’età dello sviluppo.
I sacrifici che un adolescente deve fare, e che tu, a tua volta hai fatto, sono tutt’altro che pochi. Lo sport, da semplice passione che era, diventa come un vero e proprio lavoro e, come tale, produce stress fisico e psichico.
L’esasperazione di un gesto tecnico provoca un dispendio delle energie notevole, per questo l’agonismo precoce è dannoso. Ma come evitare questo in sport dove a 17 anni sei considerato in “età pensionabile”?
Inoltre, per un atleta di alti livelli, l’amarezza e la tristezza di non ottenere vittorie sono distruttivi, poiché sente il bisogno continuo di certezze e conferme per la propria autostima, per le persone che credono in lui, per la famiglia, per l’allenatore. A volte può sfociare in attacchi di panico e il fascino della competizione, l’adrenalina che si prova davanti ad una giuria, si trasforma nel peggior incubo. La paura di deludere è una costante, e purtroppo rimane anche quando si è lontani dalle gare. Lo sport forma il carattere, è tra le migliori palestre di educazione e comportamento, per cui anche questo andrà ad influire sulla formazione della persona.
Arriva poi sempre quel giorno nella carriera di un tecnico in cui le risposte a tutte le paranoie arrivano in automatico. È quando tiri fuori dall’armadio i body che hai usato nei momenti più importanti della tua carriera, il costume che avevi nella piscina dove hai vinto la prima medaglia, i paracalli consumati che hai portato alla gara nazionale, e allora con un briciolo di nostalgia, capisci che è giusto far provare ai tuoi atleti quelle emozioni. È giusto che anche loro abbiano una possibilità di realizzare i loro sogni, già solo per il fatto che hanno lo stesso entusiasmo che avevi tu all’epoca e in cui ti ci rivedi ancora.
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