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Papà mi presti i soldi che devo lavorare?

Papà mi presti i soldi che devo lavorare?

Alessia Bottone, autrice di "Amore ai tempi dello stage" e di "Papà mi presti i soldi che devo lavorare?"

La domanda che dà il titolo a questa intervista è anche il titolo del suo ultimo libro. Alessia Bottone di Verona, classe 1985, è laureata in “Scienze della disoccupazione a lungo termine” e svela a #Giovaninrete i retroscena delle sue “avventure e disavventure di una precaria a tempo indeterminato”.

Ciao Alessia, prendendo in prestito una suggestione dal tuo primo libro, ti chiediamo: come si ama ai tempi della crisi?
“Il titolo del mio libro ‘Amore ai tempi dello stage’ voleva dire due cose; da un lato si riferiva alla crisi dei #valori (si lotta meno per le relazioni come accade anche nel #lavoro ) e quindi anche nell’amore può valere il “diritto di recesso” entro 8 giorni, oppure si può pretendere di liquidare il corteggiamento in due sms… Dall’altro lato esistono tre elementi in una storia d’amore: lui, lei e la #crisi . Quest’ultima diventa un soggetto attivo che entra nella relazione in un tempo in cui anche convivere (e quindi uscire dalla casa d’origine) diventa una missione non semplice, trasformandoci tutti in figli a tempo indeterminato. Io mi sento così ogni volta che devo chiedere: papà, prestami la macchina per uscire…”

…O per andare a lavorare, come recita il tuo ultimo libro uscito per Kowalski. E per trovare lavoro e dimostrare di valere qualcosa – tu ci insegni – bisogna credere in se stessi. Ma come?
“Le risposte sono due: 1) Sforzarsi di fare qualcosa che non piace a volte è necessario ma alla lunga crea malessere, soprattutto a trent’anni. Più ancora per noi #donne  (e fioccano le domande: sei sposata? Hai figli? Pensi di averne a breve?) per non parlare di quando si decide di espatriare… 2) Per riuscire a credere in se stessi, bisogna sognare e rischiare, senza ascoltare troppo le persone che ci frenano… Come consiglia la poesia: ‘almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati’. Ecco, non seguiteli.”

Tu scherzi molto sui luoghi comuni e gli stereotipi nel libro. Ogni riferimento a persone e cose della storia che racconti in prima persona è volutamente reale?
“Come dico sempre: non so scrivere di cose che non esistono. Sulle persone che ho incontrato e delle quali parlo nel libro posso dire che ogni volta che cerchi di emergere devi sapere che esistono ostacoli ma ci sono anche persone molto stimolanti che spingono a partire, a rischiare e come dicevo, a sognare.”

Davvero hai omesso la tua laurea nel curriculum e consigli (in certi casi) di farlo?
“Devo ancora capire se omettere un’informazione così è legale… Vorrei esporre la questione a un esperto. Io l’ho omessa sul serio dopo non aver ricevuto risposta in molti posti. La situazione non è cambiata: hanno continuato a non rispondermi ma in alcuni casi, se serve per ottenere un posto di lavoro, lo consiglierei.”

Il mito esterofilo ha senso di esistere?
“Sicuramente in alcuni paesi le cose vanno meglio che in Italia. Anche in nazioni come la Spagna e il Portogallo esistono condizioni di lavoro migliori. Se incontro un architetto con la partita Iva che in Italia viene pagato 600 euro al mese è ovvio che gli consiglio di andarsene. E anche in fretta. Va saputo però che all’estero non ci aspettano a braccia aperte: c’è sempre almeno una lingua nuova da imparare e un po’ di gavetta da fare…”

Nel capitolo intitolato “guida semiseria per sopravvivere alla crisi” c’è una parte dedicata alle conoscenze, cosa pensi delle raccomandazioni?
“Citando il New York Times: ‘non c’é angolo d’Italia che sia immune dall’infiltrazione criminale’ cambierei la frase in ‘non c’é angolo d’Italia che sia immune dalla raccomandazione’. Esistono annunci interni alle aziende che ricercano conoscenti dei dipendenti perché ritenuti più affidabili oppure circoli chiusi che non permettono a chi non ha reti di accedere a molte posizioni. Si tratta di un circolo vizioso. Io la mia rete me la sono creata ma se non avessi avuto la possibilità di pubblicare il mio primo libro, come avrei potuto fare?”

Ultima domanda: stai lavorando?
“Sì, in primis al mio terzo libro (argomento e uscita top secret), collaboro con due testate – una nazionale e l’altra locale – e ho trovato lavoro presso un’azienda informatica (quindi non nel campo dei miei studi, Scienze della Comunicazione nda.).”

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