Il coraggio azzurro di Andrea
Sulle piste come nella vita
Andrea Valenti ha 16 anni, va a scuola ed è un atleta paralimpico italiano. Aveva un sogno da realizzare: #Sochi . L’8 dicembre 2012 s’infortuna in un bruttissimo incidente sul ghiacciaio di Pitztal (Austria). Viene trasportato in elicottero a Merano e operato con urgenza a tibia e perone. Ma niente lo ferma. Nell’estate 2013 ricomincia gli allenamenti estivi e si riconferma per la coppa Europa in gigante, slalom, super gigante. Poi la chiamata per Sochi, dove Andrea fa il portabandiera nella cerimonia di chiusura su richiesta del presidente del Cip (comitato Italiano Paralimpico) Luca Pancalli.
Andrea, a soli 16 anni hai realizzato il tuo sogno: partecipare alle Paralimpiadi di Sochi, ma non è stato un traguardo facile? Mi riferisco ad esempio all’incidente che ti ha fermato nei mesi precedenti. Hai voglia di parlarne?
“Il traguardo di Sochi non è stato facile, per la scuola, per gli allenamenti, per le tante gare che ho fatto.
L’incidente che ho avuto l’8 dicembre del 2012 a Pitztal nel super gigante ha messo un po’ a rischio tutto perché comunque avrei avuto più tempo per prepararmi invece ho saltato tutta la stagione invernale per ripartire poi nell’estate del 2013. I miei genitori hanno dovuto anticipare le spese mediche per il mio infortunio e quelle del soccorso. A una settimana dall’incidente, dall’Austria sono arrivati da pagare circa 5000 euro per il trasporto in elicottero. Questa è una realtà che non molti conoscono: in ogni paese ci sono delle situazioni diverse per ogni tipo di soccorso, occorre avere un’assicurazione oltre quella della Federazione. Ora, a distanza di un anno e mezzo, devo togliere i ferri alla gamba sinistra e lo farò alla fine della scuola perché non posso saltare altri giorni.”
Quali sono stati gli altri sacrifici, oltre a recuperare dall’infortunio in tempo record?
” I sacrifici come ho già detto sono stati anche quelli dei miei genitori, nonni, parenti che mi hanno aiutato per trasferte, gare e allenamenti. Poi anche a scuola è stata durissima! Sono alla “Mazzarello” (Liceo torinese) quindi dai salesiani che sono abbastanza esigenti. Ho un professore bravissimo che mi aiuta nelle materie delle scienze umane, se non avessi lui non so come farei, quando ho avuto l’ incidente e non potevo muovermi veniva a casa per prepararmi.”
Che cosa hai provato a Sochi dove hai avuto anche l’onore di essere portabandiera oltre a rappresentare il più giovane atleta italiano nella storia dello sci alpino paralimpico?
“Un’esperienza indimenticabile. L’atmosfera è unica anche perché hai moltissime persone che ti seguono e ti guardano. Fare il portabandiera è un onore e un esempio per gli altri giovani che hanno voglia di credere come me nello sport. Quando hai dei problemi non è così facile però se vedi altri che riescono ti viene voglia di provarci. In Italia c’è poca cultura dello sport, figuriamoci per i #disabili ! Io mi sono trovato in questo mondo perché arrivo da Sestriere dove c’è la scuola Freewhite di Gianfranco Martin che ha dedicato la sua vita ai disabili e mi ha insegnato a sciare, ma non sono tutti fortunati come me.”
La tua vita da atleta ma anche da studente ti rende felice o vorresti più tempo per te, anche solo per rilassarti?
“Vorrei più tempo per me ma purtroppo devo studiare e devo anche andare in palestra ad allenarmi. Cerco di rilassarmi un po’ prima di andare a letto guardando un film o altro, anche facendo una partita alla PlayStation , con una sola mano riesco a battere anche i miei amici.”
Quest’anno frequenti il terzo anno di Liceo delle Scienze Umane all’istituto “Madre Mazzarello”, come va la scuola?
“È una scuola molto impegnativa. Quest’anno ho fatto molte assenze, ora però sto recuperando. Devo assolutamente farcela anche se per me è molto più dura degli altri ragazzi. La mia lesione celebrale mi porta ad essere più lento e ho bisogno di più tempo…”
Un giovane, come te, cosa si aspetta per il futuro?
“Voglio arrivare sicuramente in #Corea ! Ho bisogno però di allenarmi bene, con costanza e sicuramente dovrò trovare degli aiuti perché non so se i miei genitori riusciranno a finanziarmi. È uno sport molto costoso, non basta la palestra per allenarsi bisogna essere presenti sulle piste e quindi avere anche un posto che ti permetta di esserci. Comunque questo tipo di scuola che frequento mi permetterà di rimanere nel mondo dello sport e dei disabili, spero che io possa essere di esempio per far capire che se vogliamo e ci crediamo (anche i genitori) abbiamo la possibilità di fare tantissime cose.”
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