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Viaggi, riti di passaggio e tromboni universitari

Viaggi, riti di passaggio e tromboni universitari

Viaggiare non è vedere un posto lontano da casa...

“Agosto è il mese più freddo dell’anno,
l’inverno si sposta sei mesi in avanti […]”

Cantavano i #Perturbazione. Non riguarda quasi nulla con quello che sto per scrivere, mi è venuta in mente pensando al clima dell’Argentina in quel periodo dell’anno, per mettervi la curiosità di ascoltare una bella canzone che vi appiopperà una depressione cosmica mentre leggerete il mio terzo (?) e ultimo articolo.

La #Tanita è tornata, non solo virtualmente ma anche fisicamente. Il mio viaggio in America del Sud si è concluso prima del previsto in un modo che non avrei mai immaginato ma non scenderò nei dettagli. Scrivo per salutarvi, congedarmi e sproloquiare sui viaggi.

Mi sono allontanata, ho attraversato il confine finendo in un “limbo” e sono tornata. Ora capisco nel profondo le parole dei cari e vecchi docenti universitari quando spiegavano il concetto di rito di passaggio (descritto per la prima volta da Van Gennep nel 1909).

Viaggiare, allontanarsi dalla propria quotidianità e separarsi dai consolanti punti di riferimento, vedere la realtà da un altro punto di osservazione per poi tornare più maturi, consapevoli e tante altre cose è un dato di fatto! In un lampo di fiducia negli atenei penso che #università non si debba limitare soltanto a chiacchiere e crediti! Lo penso; subito ridimensiono il ragionamento.

Questi passaggi logici male espressi servono solo per confermare il mio credo che libri, parole, docenti anzianotti che da dietro una cattedra ti dicono cosa è giusto sapere del mondo e cosa no sia totalmente inutile se la conoscenza non è accompagnata dal coraggio dell’esperienza.
Abbiate il coraggio di dubitare dei saperi e delle esperienze di seconda mano, di chi vi parla da una cattedra (specialmente se fate antropologia o scienze delle merendine), rifiutatevi di imparare teorie, nomi e date se non avete la forza di entrare letteralmente nelle parole che state studiando.
Uscite dagli schemi dei viaggi #Erasmus , andate anche oltre i progetti dei programmi di volontariato e iniziate a viaggiare davvero. Non solo fisicamente, potete viaggiare anche con la mente, immaginate qualcosa di lontano e iniziate a raggiungerlo perché potrebbe essere dietro l’angolo; fatelo da una poltrona o mentre siete sul cesso ma viaggiate.

Partite senza paura (forse un po’ di paura serve, giusto per spirito di conservazione) perché anche se non sembra che tutti i viaggi finiscano bene, semplicemente, a volte, i fatti prendo una piega non prevista e solo dopo, al momento del ritorno, capiamo che ogni sfumatura, situazione, azione e reazione erano quelle giuste al momento giusto. Come sia possibile non lo so ma è così.

Viaggiare non è vedere un posto lontano da casa e avere belle foto e aneddoti da sfoggiare con gli amici; viaggiare deve essere un trip portato all’estremo, un peyote simbolico preso ad occhi chiusi, il lusso di vedersi da dentro e da un punto di vista estremamente lontano da sé; #viaggiare è la gelida e schiacciante consapevolezza di essere. Rotolatevi nel fango delle strade o nel buio dei vostri neuroni.

Buon viaggio compañeros!

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