Germania, questo non è un Paese per vecchi
La biblioteca super organizzata e super high-tech dell'Università di Rostock
“Ogni qualvolta m’accorgo che mi si va formando intorno alla bocca una piega arcigna […] allora giudico che sia giunto il momento di andare per mare il più presto possibile”.
Così recita il narratore di Moby Dick e così da un po’ di tempo a questa parte mi sento io. Nel momento in cui ho realizzato che mi stava venendo un ghigno sulla faccia e che non sopportavo più la gente ho deciso di prendere il largo. Solo che alla barca ho preferito l’aereo. E quindi eccomi in #Germania, più precisamente a Rostock, città nel nord del Paese a metà strada tra la Danimarca e la Svezia, e sono qui da abbastanza tempo (circa 3 settimane) per fare un po’ di umilianti confronti con il Bel Paese.
Da dove cominciare? Francamente, non lo so. Forse dall’*efficienza* e dalla puntualità dei tedeschi? O dal rispetto che hanno nei confronti di ogni cosa (e persona)? Più nazioni visito, e più i nostri difetti di italiani saltano fuori. Non intendo fare una sterile critica nei confronti dell’*Italia*, nè voglio elencare i classici e scontati stereotipi sui tedeschi, perciò cercherò di scrivere quello che forse non sapete della terra dei crucchi. Potendo contare su una voce attendibile e sul campo (il mio ragazzo tedesco), ho scoperto e imparato tante cose interessanti sulla vita in Deutschland, e ognuna di queste mi ha fatto vergognare ancora di più del nostro Paese.
Innanzitutto, ho amaramente (per noi) constatato che questo “non è un Paese per vecchi”. Lo Stato è finanziariamente molto presente nelle vite dei giovani: gli studenti hanno moltissime agevolazioni, che vanno dal cinema alla mensa, al biglietto di bus e treni, (questo anche in Italia) fino a (e questo decisamente non in Italia) sconti sui libri il cui argomento è materia principale del proprio corso di laurea. Per fare un esempio: se studi Lettere avrai degli sconti non solo sui libri di testo, ma anche sui grandi classici della tradizione letteraria, dal momento che li acquisti in funzione dei tuoi studi.
Altro punto che mi tocca di sottolineare è il seguente: ma perché ovunque tranne che in Italia sembrano esistere università pulite, nuove e funzionanti? L’avevo scritto anche per quanto riguardava l’Inghilterra, ma quello era un college privato da migliaia di sterline, uno dei migliori del Regno Unito. Ora mi riferisco ad un’università pubblica, valida, non c’è dubbio, ma un’università come ce ne sono tante, come potrebbero essercene tante in Italia. Ma che invece non ci sono. Parlo di aule spaziose, di posti a sedere per tutti (chiedo in fondo molto? Viste le ultime manifestazioni a #Torino, non credo proprio), di perfetta organizzazione degli Atenei, di biblioteche nuove, super organizzate e super high-tech. Credevo che una biblioteca come a Warwick esistesse solo a #Warwick. In quanto Warwick, appunto. Ma ora mi ricredo. È possibile anche in università più “comuni”. Ok, l’Italia non ha soldi. Ma i soldi per molte altre cose li trova. Forse se per una volta smettesse di tagliare fondi all’istruzione gli studenti potrebbero finalmente usufruire dei servizi per i quali avrebbero pagato (e caro, anche).
Vogliamo parlare di tasse universitarie? Parliamone. Attualmente, in quasi tutta la Germania (ma ancora non per molto, dato che il governo sta vagliando la riforma per estendere tale “agevolazione” a tutto il resto della nazione) uno studente, non importa il reddito suo o della sua famiglia, paga all’anno 250 euro. Centesimo più centesimo meno. E in questi 250 euro è compreso anche l’abbonamento di pullman e treni.
Ma credo che ciò che mi ha fatto arrendere al fatto che la Germania è semplicemente migliore, è il così chiamato Bafög. Che cos’è? La risposta nel prossimo articolo.
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